«Io, comunista, alla Zoppas raccomandato dal prete»
Rassegna stampa Veneto - Martedì, 03 ottobre 2017
SANTA LUCIA DI PIAVE - Hanno anticipato il '68, i venti di cambiamento
che poi fecero esplodere la trasformazione di carattere sociale e quella
profonda del mondo del lavoro. Alla Zoppas di Susegana è partita nei
primi anni '60 una delle grandi battaglie del movimento operaio, grazie
alla nuova manodopera costituita in gran parte da metalmezzadri, giovani
anche poco istruiti e di ogni estrazione politica, provenienti dal mondo
rurale del dopoguerra, ma coscienti di volere nuova dignità contro
l'oppressione padronale molto accentuata, con capi autoritari e
condizioni di lavoro pesanti. I ricordi di chi c'era, e la
consapevolezza del mondo che cambiava nel passaggio da una modalità
produttiva quasi artigianale a quella della catena di montaggio,
costituiscono il punto focale del libro Sciopero! Zoppas 1960-61,
memoria di una lunga lotta per la dignità del lavoro, scritto dal
sindacalista della Cgil Ottaviano Bellotto e da Gianni Girardi,
presentato ieri mattina al Palacastanet con i vertici di Cgil, Spi Cgil
e Fiom provinciali e dell'Istresco. «Lo sciopero a oltranza alla Zoppas,
simile a quello che attuavano i mezzadri in Sinistra Piave - ha
osservato Bellotto - segnò uno spartiacque, fu una esperienza che aiutò
a qualificare la contrattazione, e influì sulla futura vita politica e
sindacale, con l'effetto di forgiare nuovi giovani sindacalisti, per la
Fiom ma anche per la Fim e la Uilm». E sono emersi dettagli che hanno
poi anticipato gli scenari futuri: come ha ricordato Giannino Padovan,
già segretario regionale della Cgil in Friuli, che entrò alla Zoppas nel
1959: «Questo grazie alla raccomandazione - ha detto - dell'allora
parroco di San Rocco di Conegliano, che omise all'azienda la mia
provenienza e la militanza nella Federterra Cgil. Come nel mio caso fu
grazie ai preti, ai sindaci democristiani e alle Acli che la Zoppas non
riuscì a discriminare i giovani di sinistra a quelli impegnati nelle
organizzazioni cattoliche». Era il periodo in cui lo scontro sociale
coinvolgeva anche quelli che venivano definiti i magnaparticole e i
comunisti, ma insieme poi diedero vita alla lotta: «Le tensioni
sfociarono nello sciopero quando l'azienda rifiutò la mensa e il
riconoscimento della famosa commissione interna - ricorda Luigino Ostet
- e Conegliano tremava quando gli operai sfilavano per il centro città».
«Dalle lotte di ieri - ha chiuso Giacomo Vendrame, segretario generale
della Cgil Trevigiana - arrivano suggerimenti per governare la nuova
contrattazione e uscire dalla frammentazione del lavoro. Ora ci sono
nuovi soggetti e protagonisti rispetto al passato: il problema è
accompagnare la trasformazione migliorando le condizioni di lavoro».
(F.Fi.)
IL GAZZETTINO - Martedì, 03 ottobre 2017 |