All'Electrolux:
«Telelavoro? No, meglio la settimana corta»
Dipendenti e sindacati dell’Electrolux bocciano il progetto dell’impiego
a casa e fanno controproposte
di Francesco Dal Mas
14 dicembre 2016
SUSEGANA. Smart working. All'Electrolux non si parla d'altro. Molti
impiegati hanno addirittura il timore di dovere lavorare a casa, nel
prossimo futuro. Meglio la fabbrica, nonostante la mobilità che impone.
Meglio la flessibilità temporale che quella fisica, hanno detto i
colletti bianchi interpellati da un questionario, nel giugno scorso, a
Susegana e negli altri stabilimenti del gruppo.
Flessibilità temporale che nel caso specifico significa settimana corta,
con concentrazione delle ore lavorative in 4 giorni; sincronizzazione
dell'orario scuola-vacanze per i genitori vincolati dal calendario
scolastico dei figli; orario flessibile in entrata e uscita. Tanti i
motivi che fanno preferire la fabbrica, ma sullo sfondo rimane il timore
di subire una dilatazione e quindi una completa saturazione dei tempi
senza distinzione tra "casa" e lavoro.
«Dall'indagine emerge il bisogno di un luogo fisico di lavoro come
elemento determinante dell'identità del lavoratore, di socializzazione,
di sedimentazione delle conoscenze tecniche, di operatività, di
condivisione e di relazione continua» spiega Augustin Breda, delegato
Rsu, l'organizzazione sindacale che ha realizzato l'indagine «senza
trascurare, infine, la consapevolezza che la situazione
dell'infrastruttura tecnologica del paese, la precaria diffusione
dell'alfabetizzazione informatica, la scarsa diffusione del wi-fi non
consentono agevolmente di gestire attività da ogni luogo».
Tra robot, smart working e lavoro tradizionale, l'orientamento
prevalente delle tute blu come dei colletti bianchi è di ripartire la
quota di lavoro a disposizione, che tra l'altro in futuro sarà sempre
più ridotto, anche attraverso la riduzione delle ore da lavorare,
individuando modalità per mantenere standard invariati di retribuzione e
contribuzione. «Una soluzione come questa - spiega Breda, tirando una
sintesi dei questionari - consentirebbe non soltanto ad un numero
maggiore di persone di vivere del loro lavoro e non di sussidi, con
tutto quello che questo significa in termini di riconoscimento del
proprio valore, di creazione di legami sociali, di responsabilizzazione
e di crescita del know how tecnico complessivo del paese».
Senza contare che le aziende avrebbero recupero della produttività.
Oltre che minori costi. Con lo smart working, infatti, è vero che le
imprese non dovrebbero pagare il buono pasto o le diarie o, ancora, i
rimborsi per le trasferte, ma dovrebbero accollarsi i costi per gli
spazi di co working oppure le maggiorate spese casalinghe per
elettricità, riscaldamento e connessione internet. «Riflessioni che
contiamo di poter portare ad un tavolo di confronto con Electrolux su
queste interessanti sollecitazioni» conclude il sindacalista. |